La Fotografia è certamente un modo di produrre memoria, raccogliendo e archiviando ciò che sta davanti all’obiettivo, che non è tutto, ma è solo quello che l’autore ha voluto includere nei confini del fotogramma.
Non è la realtà ma ci si avvicina. Essa viene tagliata nel tempo e nello spazio e quello che ne resta quindi non è che un soggettivo frammento bidimensionale di Universo a disposizione dell’osservatore, il cui compito è quello di decodificarlo e, con la propria sensibilità, provare a rigenerare tutto ciò che era.
Hansel Adams diceva che “in ogni fotografia ci sono almeno due soggetti: chi la scatta e chi l’osserva”. A quest’ultimo spetta il compito di ricostruire il tempo e lo spazio.
E quando provi a prelevare un po’ di bellezza da un luogo, ti viene restituita una ricevuta in formato raw o jpeg in cui è stato scritto anche, a tua insaputa, qualcosa di te. Si svela quella sola parte di realtà che può contenere una fotografia e che non riguarda il soggetto, pur nella sua maestosa, bellissima, soggettiva, quindi ambigua, evidenza.
E quando ci si trova di fronte ad un insieme di scatti, diventa ancora più semplice: basta unire i puntini come in un gioco enigmistico, per ottenerne una figura ancora più chiara.
Paradossalmente la fotografia trova la sua tridimensionalità (profondità) nei vari strati che la compongono, dal più superficiale ed evidente, che è quello dedicato al soggetto come appare, il “durante”, a quelli sottostanti che sostengono il soggetto stesso, appoggiato su di essi in perfetto equilibrio.
Messaggi e Autoritratti si celano fra le pieghe della luce e delle ombre, dei colori o dei non colori, delle composizioni e di tutte le scelte fatte nel tentativo di fare memoria.
Sotto l’apparenza del soggetto, nello strato subito sotto, si trova il messaggio, dal più immediato, la bellezza, al più profondo e complesso; poi sotto ancora, vi è un terzo strato, l’ultimo e il più nascosto: il ritratto dell’autore.
Se si scava in quel “prima, durante e dietro”, la Fotografia mostra, o fa abbondantemente trapelare, importanti tratti dell’essenza dell’autore, tratti che hanno determinato ogni scelta, dal soggetto, a come ritrarlo e a come “svilupparlo”.
Ognuno dei tre strati occupa un proprio spazio, ed è nella profondità di questo contenitore che si sviluppa la “terza dimensione”. Occorre osservare a lungo una fotografia e, se possibile, metterla in relazione ad altre. In fondo, chi leggerebbe mai un libro saltando decine di pagine sperando di capirci qualcosa?
È solo così che si può fare quell’opera di ricostruzione del tempo e dello spazio, per riportare alla luce gli strati sottostanti e le verità nascoste. Ed è solo così che può nascere il dubbio che la ritrovata terza dimensione, possa non essere l’ultima e che ne possano esistere altre ancora da portare alla luce.
Buona RICERCA!!!
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