Muore sua madre e Roland Barthes racconta che questo lutto lo spinge a cercare nell’album di famiglia, ma anche tra le carte che si accumulano nel cassetti, una fotografia della madre nella quale poterla riconoscere come la ricorda, come lo strazio del lutto pretende di ritrovarla.
Facendo questo viaggio Barthes si interroga su cosa è la fotografia, e non è un paradosso che alla fine del viaggio, questo deposito di memoria Barthes lo riconosca in una fotografia che nel libro non ci mostra: è un’immagine di sua madre bambina colta in un jardin d’hiver. Un’immagine quindi di prima che il destino avrebbe fatto diventare sua madre quella bambina.
La madre di Barthes era già sua madre ancora prima di diventare donna, quando ancora era una bambina, e lo scrittore in quella fotografia di donna-bambina la riconosce probabilmente con maggiore intensità che in altre fotografie in cui aveva raggiunto la fisionomia che lui da figlio ricorda.
E’, questo, un altro fantastico aspetto della fotografia: come se qualunque istante della vita di un uomo, di una donna, potesse riassumere una vita, tutto il senso di una vita.
14 febbraio 2015
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