Non è colpa di Photoshop

Non è certo l’avvento del digitale ad avere reso le fotografie e i fotografi ‘bugiardì. Diciamo che il software al massimo ha reso più semplice mentire, ma con questo non significa che sia esso la causa della menzogna. Come al solito, non sono mai gli strumenti o i mezzi a distruggere qualcosa, ma è sempre la volontà di chi li utilizza.

Facendo una piccola ricerca sui falsi, mi sono imbattuto in una pagina internet del “TIME” che ne porta alcuni esempi lampanti.

Le due foto sono del 1937.

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Lo scatto ufficiale è quello di sinistra mentre quello di destra è lo scatto originale. Come si vede nello scatto ufficiale, manca una persona: si nota tuttavia l’alone a sinistra della donna più a destra. Un lavoro fatto male; e non si dica che era il 1937, dato che negli archivi fotografici ci sono scatti di Lenin con “eliminati” (e non solo dalle fotografie) delle presenze, in modo perfetto…. e senza Photoshop!

Per chi fosse curioso riguardo la storia delle due fotografie: al centro c’è la regista nazista Leni Riefenstahl. L’uomo in piedi a sinistra è il fratello della regista, mentre la donna a destra è la moglie Ilse. La persona che manca nello scatto ufficiale è nientemeno che Joseph Goebbels, uno degli artefici della Shoah. Resta un mistero il motivo per il quale Hitler avesse voluto cancellare dallo scatto un personaggio così a lui vicino. Pare che Hitler, nel periodo in cui fu scattata la foto, fosse contrariato con Goebbels a causa di una relazione che il suo luogotenente intratteneva con un’attrice. Siamo nel 1937. Parliamo di un falso storico.

Spostandoci più vicini a noi, arriviamo al 1970. Qui abbiamo un esempio di correzione di uno scatto in ambito fotogiornalistico.

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 La foto mostra Mary Ann Vecchio che si inginocchia sul corpo di Jeffrey Miller, uno studente ucciso da uomini della Guardia Nazionale durante una protesta contro la guerra in Vietnam.

Questa fotografia di John Filo , vincitore del Premio Pulitzer, è diventato un’icona di quel periodo tumultuoso.

La differenza da trovare è un po più complicata e la modifica non impatta sul significato della foto, quindi, a differenza di quella di Hitler, non ne cambia il senso. Tuttavia la modifica è stata fatta per rimediare ad un errore sulla composizione fotografica. Nella foto originale di destra, si vede un paletto sopra la donna inginocchiata, che sembra conficcarsi nella sua testa. La foto pubblicata su Life è quella di sinistra.

Questi due esempi attestano come non sia certo il digitale ad aver portato la modificazione di una fotografia. Si passa da un cambiamento (foto di Hitler) che mostra ancora meno e mostra “molto diverso”, ad un intervento in camera oscura (foto di Filo) che corregge un macroscopico errore di disattenzione o incompetenza (eliminabile in fase di scatto spostandosi un metro a sinistra ad esempio).

Arriviamo poi ai giorni nostri, quindi in pieno digitale, in cui è più facile trovare “photoshoppate”, basta osservare le foto di moda ad esempio o scorrere le foto in Instagram. Quindi non mi dilungo su questo, sarebbe troppo facile. Vero è che cercando nella storia, non è cosi facile trovare dei fotoritocchi tuttavia basta solo qualche caso per non riuscire piu a negare il fatto che ce ne siano stati.

Teniamo presente che l’accesso alla fotografia negli ultimi anni è stato incredibile. Prima con le compatte digitali e le reflex, poi con gli smartphone, i fotografi e pseudo tali sono diventati centinaio di milioni. La condivisione ha raggiunto livelli mai visti grazie ai social network, pertanto un confronto col passato è impari.

Tuttavia chi aveva accesso alla camera oscura e sapeva sviluppare foto, potenzialmente ha fatto del fotoritocco.

Tornano ai falsi e al presente, mi concentro invece su un falso di tipo diverso che nulla a che vedere con il software, piuttosto ha a che fare con la cattiva fede del fotografo, per attestare che, come detto prima, è sempre una questione di volontà di chi usa i mezzi.

Siamo nel 2009: Concorso internazionale tra i più importanti, il ‘Wildlife photographer of the year’. Vince il fotografo José Luis Rodríguez.

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Vince un premio di 11.000$ che poi gli sarà tolto per squalifica ma a premiazione già fatta e foto già pubblicata. La foto mostra un lupo che salta una staccionata.

Il regolamento del concorso è chiaro: si possono riprendere solo animali in cattività, niente modellì insomma.

Rodriguez aveva detto ai giudici che aveva “disegnato” lo scatto che voleva ottenere sulla carta e disse “non riuscivo a crederci : avevo catturato la fotografia dei miei sogni”.

Jim Brandenburg, un giudice del concorso e fotografo naturalista con 45 anni di esperienza nella fotografia di lupi, fu meravigliato dall’immagine dell’animale, catturato in modo così chiaro, mentre era apparentemente a caccia del bestiame di un contadino. Commentò quindi “un momento magistralmente eseguito”. Tuttavia osservando a posteriori e con molta attenzione la foto si arrivò ad una conclusione: al 99,9% si trattava di un lupo addomesticato. I giudici chiesero a Rodriquez conferma della sua storia, e se ci fosse qualcuno che potesse fare da testimone a sostenerlo, ma le sue risposte furono evasive. Quel 99.9% divenne cosi 100%.

La conclusione di questi tre esempi di fotografia ‘ritoccatà o ‘messa in piedi a tavolino è naturale e già detta: non è questione di digitale o meno, è sempre “merito” di chi usa lo strumento fotografico e la camera oscura o grigia che sia.

E una domanda, conseguentemente, sorge spontanea: ma qual è il limite accettabile? A seconda del tipo di fotografia i limiti si possono muovere poco o tanto, dipende. Se parliamo di fotogiornalismo o di fotografia naturalistica direi molto poco. Se parliamo di moda o di fotografia artistica che sfocia nell’INFOGRAFIA, allora tutto è concesso. Resta il fatto che la cosa più importante in ogni caso è l’ONESTÀ di chi usa il medium fotografico.

Ho già avuto occasione di spiegare quale sia il mio personale limite in questo senso e fin dove voglio arrivare nella mia camera grigia e personalmente ritengo che quanto il World Press Photo e, ancora meglio, quanto dettagliato nel regolamento della Reuters, siano le mie personali linee guida oltre il quale non andare mai.

Informazioni su Andrea Torinesi


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