A volte mi chiedo se la macchina fotografica non sia diventata un organo sensoriale artificiale.
E non è il pensiero che ormai condividiamo la nostra vita con altri, sui social più che di persona con selfie di ogni genere, che diventano il modo di raccontare “noi”, ma soprattutto di attestare quel momento, evento o luogo come forse nemmeno a parole sapremmo fare. E per chi guarda, queste immagini non sono solo viste, ma sono ascoltate senza che vi sia suono, pur nella superficialità con cui quasi sempre le si osserva.
Mi riferisco piuttosto ed in particolare al fatto che la fotografia è basata sulla capacità di vedere. Quando sono in giro, vedo le cose ma molto spesso non osservo con attenzione. Scorro quello che ho davanti e se non c’è qualcosa che attrae la mia attenzione mentre sono perso nei miei pensieri, non lo vedo. Quando invece prendo la macchina fotografia, tutto cambia. E’ come se si accendesse qualcosa, un occhio supplementare (il mio terzo occhio!) e la reflex diventa un amplificatore.
Quindi si, è un organo sensoriali artificiale. E quello che fa vedere è un mondo diverso, quanto meno è “fermo” e non scappa via senza che non lo si possa osservare.
Questo nuovo organo sensoriale artificiale rallenta il tempo, comprime lo spazio e ne consente una scansione più accurata. E consente di comprendere meglio le cose che si osservano perché sono i dettagli a volte a fare la differenza, quei dettagli che quasi mai si vedono ma che sono a volte l’essenza stessa delle cose.
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