La fotografia è un’arte recente, è giovane visto che ha circa 150 anni di storia. Essa è nata stravolgendo le arti figurative che fino ad allora avevano accompagnato l’uomo nel suo cammino.
La pittura, a cui spesso la fotografia viene erroneamente accostata, rappresentava comunque qualcosa che non era una istantanea del mondo. Era qualcosa che ritraeva scenari, panorami, persone, eventi, etc ma non era certo realtà e nemmeno si avvicinava. In taluni periodi ha avuto questa “pretesa”, ma non lo poteva certo essere.
Una delle differenze più evidenti tra pittura e fotografia è da ritrovarsi ad esempio nella modalità con cui essa si realizza come anche nei tempi.
In fotografia tutto succede in una frazione di secondo e i tempi sono dettati dal soggetto. Quello che appare è davvero quello che c’è davanti a chi scatta. E non a caso utilizzo la parola “appare”.
In pittura i tempi sono quelli del pittore. E ci vuole tempo per realizzare un quadro. I pennelli ed una reflex sono due strumenti opposti: grandissime differenze e non solo per come sono fatti ma anche per tempi e metodi, come si usa dire in ambito aziendale.
Alla fotografia quindi fu affidato fin da subito il ruolo di rappresentazione fedele della realtà. Nella cultura del nostro mondo, ancora si pensa, guardando una fotografia, “era così”, “è successo così”. È stato per decenni demandato alla fotografia l’arduo compito di certificazione.
La verità è invece che la fotografia mostra, non dimostra e fra questi due concetti c’è una grossa differenza, che rende la fotografia molto diversa da una fedele rappresentazione delle realtà. Ci somiglia, ma non è la realtà. È stato per decenni demandato alla fotografia l’arduo compito di certificazione.
In ogni forma d’arte c’è un autore, è quasi banale: la sua sensibilità, i suoi pensieri ed esperienze, e così come le sue scelte hanno un decisivo e fondamentale impatto sull’opera che si realizza. Non sarebbe arte diversamente.
E la fotografia, per quanto registrata da un piccolo computer, è scritta da un essere umano. La macchina fotografia che solo apparentemente avrebbe una sua purezzà intrinseca per rappresentare qualcosa di simile alla realtà, non lo può fare dal momento che è strumento in mano ad una forma vivente pensante, con emozioni, capacità, etc.
L’affermazione riguardo la purezza è comunque una forzatura, dal momento che la macchina fotografica converte una realtà tridimensionale in una bidimensionale e come è noto, tutto ciò che viene convertito, cambia cmq i suoi connotati fondamentali. Tuttavia ha nel suo DNA lo scopo di riprendere ciò che è, o meglio ciò che appare. Nemmeno gli strumenti sono esenti da un errore nella rappresentazione.
Ricordo sempre un titolo di un saggio di Smargiassi “La fotografia non sa mentire mai bugiardi sanno fotografare”: è vero, la fotografia non mente ma non ha comunque nella sua natura la capacità di rappresentare la verità anche se dietro al mirino ci fosse un computer in grado di fare solo calcoli, affinchè ciò che vi è davanti l’obiettivo sia ‘dimostrato’. Anche il computer, per quando privo di emozioni ed esperienze, potrà solo mostrare qualcosa senza tuttavia riuscire a dimostrare nulla.
E quando guardo un autoritratto, scattato con una fotocamera o telefono che sia, con le scelte che sono state fatte (ad esempio inquadratura, posa etc), mi chiedo che cosa si vuole fare arrivare all’osservatore: la realtà di quello che è o solo quello che vogliamo fare apparire? È vero quindi: i bugiardi sanno fotografare. Si può mentire inconsapevolmente, perchè non ci si è interrogati sulla differenza tra mostrare e dimostrare, tra apparire ed essere. Si può mentire in cattiva fede, se invece questi concetti sono chiari.
Non che voglia dare del bugiardo a chi fa fotografia: mi preme solo puntualizzare che deve essere chiaro che non si deve attribuire ipocritamente alla fotografia un ruolo di assoluta e incontestabile verità. Pertanto chi pensa di trovare verità, è meglio che diffidi.
Mi rendo conto che potrebbe apparire come una critica alla fotografia: non lo è. È una fortuna che sia così ed è per questo che ne sono innamorato. Dietro al concetto di mostrare si possono celare infiniti messaggi e significati, si possono introdurre elementi che agevolano la comunicazione di emozioni, la narrazione da parte dell’autore: insomma è anche grazie alla sua non certificazione che la fotografia lascia ampi spazi di interpretazione sia a chi la scatta che a chi la osserva. È un medium democratico, libero. È un medium sotto certi aspetti senza confini e padroni, senza regole, è anarchia.
Come non amare la libertà di raccontare il mondo e la vita camminando come funamboli sul quel filo che unisce occhi, cuore e realtà?
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