Qualche giorno fa scorrevo su Facebook i post degli amici. Il più erano immagini, scatti di famiglia, fotografie dal mondo, commenti o citazioni. Devo dire che raramente mi fermo a leggere i post: Scorro più che altro la pagina e osservo velocemente le immagini, soffermandomi solo su quelle che in qualche modo attirano la mia attenzione. Non si dovrebbe fare ma la quantità di immagini e post pubblicati rende impossibile soffermarsi su tutto per il tempo necessario a comprendere (per poi magari scoprire di aver dedicato tempo a delle schiocchezze).
Nello scorrere velocemente i post, mi sembrava quasi di osservare un film senza senso piuttosto che singoli scatti. Una cozzaglia di fotogrammi assemblati dal caso, a caso. Poi mi sono bloccato, perchè alcuni di essi, nella loro sequenza, assumevano un senso. Ovviamente erano di “amici” differenti, pertanto si trattava veramente di un caso fortuito.
Qualcuno aveva pubblicato una serie di immagini di cibi, dolci, piatti di vario genere, presentati alla “Master Chef”, magistralmente impiattati; fra di esse, auto di lusso, pubblicità di orologi, etc.
L’ultima immagine a conclusione della sequenza, pubblicata da un altro contatto, stravolgeva tutto il film precedente.
Eccola:
Questa foto era un pugno nello stomaco. Chi non rimane sconvolto da questa immagine, della drammaticità, dalla forza sconvolgente che ha; la foto di un incubo che nessun bimbo dovrebbe mai vivere.
Quando vediamo immagini del genere, oltre a restare profondamente colpiti, facciamo svariate considerazioni fra cui, probabilmente la più comune, quella in cui critichiamo il nostro mondo perchè da troppo a qualcuno e niente ad altri. E’ quasi uno standard questo tipo di ragionamento. Poi si volta pagina e tuttociò passa nel cassetto delle considerazioni che non portano niente e che restano li fino alla prossima volta che la TV o Internet passerà medesime immagini.
Tornando alla sequenza di immagini, mi sono sorpreso di come le fotografie se assemblate in modo coerente, possano dare ancora più forza ad un messaggio.
Qui si seguito pubblico una sequenza simile a quella che ho visto su Facebook, concludendo con quella finale, che era proprio quella pubblicata sopra:
Ora ci si potrebbe sbizzarrire in svariati commenti riguardo le contraddizioni del nostro mondo e fare mille discorsi su questo osservando questa sequenza di scatti. Mi limito tuttavia a tenere “basso” il livello di questo post, facendo notare come la fotografia possa cambiare l’emozione o sensazione che dà in funzione di come essa venga proposta.
Se ci si sofferma sullo scatto singolo, esso acquisisce il massimo della sua forza espressiva. Il messaggio che è in essa contenuto (più o meno celato), è da scovare in quella singola immagine, sperando che chi la osserva abbia quella sensibilità per vederlo. In molti casi esso è molto diretto e visibile, come certamente lo è nella foto singola pubblicata, in altri rimane nascosto, come mi capita di dire spesso, nelle pieghe della luce.
Ma la forza della fotografia è anche da ritrovarsi nella possibilità che un autore ha di guidare l’osservatore ancora più precisamente e all’interno di una “strada” ben tracciata, che difficilmente consente svarioni o uscite di strada. Quasi per naturale sviluppo, si arriva alla meta.
Con una sequenza di scatti, si può incanalare un pensiero. Ed è quello che il caso ha voluto, per mostrare in modo diverso e ancora meglio, quel contrasto e contraddizione del nostro mondo, che così tante volte ci sconvolge e un secondo dopo ci lascia indifferenti.
Il contrasto in fotografia è una delle “tecniche” più forti da utilizzare come canale comunicativo, sia esso preso singolarmente e all’interno di uno scatto, che ottenuto tramite sequenza, consapevolmente sviluppata, di singole immagini.
Rispondi