Sulla bella rivista “Fotografia Reflex” di gennaio ho trovato interessante il redazionale di Giulio Forti ma ancora di più la didascalia di una fotografia che mostra un fotogramma del film “I sogni segreti di Walter Mitty” con Ben Stiller e Sean Penn. Stiller interpreta il responsabile dell’archivio fotografico di Life. Penn invece è un fotografo, che dopo una lunga attesa, vede finalmente, sull’Himalaya, il raro leopardo che da tempo cercava di immortalare. Quando finalmente lo incontra, si ferma dicendo “Certe volte non scatto. Se mi piace il momento, piace a me. A me soltanto. Non amo avere la distrazione dell’obiettivo, voglio solo restarci. Dentro”.
Questo mi porta a riflettere sull’intimità del momento da un lato e su quante volte si scatta senza riuscire a percepire appieno la bellezza del soggetto. A volte, presi dal tempo e dal momento, si scatta identificando che quanto si ha davanti è meritevole di essere immortalato. Ma a volte la fame fotografica non consente di “sentire” appieno quell’emozione che darebbe ancora più vita all’immagine. Per questo penso che a volte prima di prendere in mano la macchina si debba fare finta di non averla… Guardare guardare, sentire e percepire… Vivere il soggetto, il luogo, la situazione. Solo alla fine di tutto questo si dovrebbe aprire l’otturatore. In fondo la fotocamera è uno schermo, nasconde il volto di chi scatta e protegge il fotografo da quello che nell’apparecchio entra. A volte è un filtro talmente potente che blocca anche le emozioni e invece, quelle onde che non esistono (le emozioni appunto) devono necessariamente colpire il sensore se si vuole che anch’esse rimangano immortalate, insieme alla bellezza di quell’unico e irripetibile momento.
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