Ho terminato il lavoro di post produzione delle foto dell’India.. circa un mese di lavoro. E pensavo a come delle oltre mille foto scattate ne fossero sopravvissute poco meno della metà. Molti scatti non avranno piu vita, o meglio.. .l’hanno avuta per il tempo che sono rimasti li a decantare…. poi sono finiti nel cestino (o in un archivio del “tutto e niente”).
Quando ritorno da un viaggio, lascio il materiale “fermo” alcuni giorni, dedicandosi solo ad un primo backup… mi serve per ripulire la mente.. poi li lavoro.. e poi li lascio ancora li un po ad invecchiare come il buon vino.. e poi decido la loro sorte. Sembra un concorso… dei rimasti alcuni saranno tenuti in una cartella dedicata a quelli molto buoni, gli altri in una cartella di sopravvissuti in cui avranno poca gloria.
La cosa strana è che a volte, a posteriori, mi accordo di avere sbagliato la scelta dei gloriosi: mi capita di rientrare nella cartella dei sopravvissuti e trovo del materiale buono e mi chiedo perché quello scatto non avesse fatto carriera nel mio computer.
A volte gli scatti hanno un tempo in cui si realizzano, come se lievitassero. Ho migliaia di foto sopravvissute e chissà quante potrebbero fare il salto. Stanno li.. sono file.. non li apro da tempo, non li vedo.. eppure potrebbe esserci qualcosa di buone potenzialità. Sono come le persone: qualcuno decide chi è meglio e chi è peggio, chi va cancellato e chi va salvato.
E poi, un’ultima considerazione: perché cambia la considerazione che ho di loro? perché un giorno uno scatto da buono diventa cattivo o viceversa? Il tempo cancella la memoria di quel certo scatto e cosi escono meglio pregi e difetti, depurati dall’aspetto più emotivo e di memoria, che a questo punto, offusca il giudizio.
Cosi, paradossalmente, penso che le fotografia siano più simili alle persone di quanto immaginassi.
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